Gare su misura per favorire i contraenti-corruttori invece che assegnazione diretta dell’appalto. È così che la corruzione opera nell’ambito della contrattualistica pubblica, come rilevato dal rapporto pubblicato dall’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione lo scorso 17 ottobre,dove emerge che «su 113 vicende corruttive inerenti l’assegnazione di appalti, solo 20 riguardavano affidamenti diretti (18%)», mentre in tutti gli altri casi sono state realizzate gare strutturate su bandi definiti «sartoriali» dall’Autorità anticorruzione, che segnala «l’esistenza di una certa raffinatezza criminale nell’adeguarsi alle modalità di scelta del contraente imposte dalla legge per le commesse di maggior importo».

Le Autorità inquirenti hanno emesso 117 ordinanze di misura cautelare per ipotesi di corruzione nell’ambito degli appalti pubblici, settore meno impermeabile ai fenomeni corruttivi, considerati soprattutto gli interessi che ruotano intorno agli ingenti volumi economici. Per quanto riguarda poi le modalità operative di gestione illecita degli appalti, la maggior parte delle amministrazioni pubbliche coinvolte preferisce abbandonare il criterio discrezionale dell’assegnazione diretta per ricorrere a vere e proprie procedure di gara, ritagliate però su misura del contraente prescelto .

Di.Sa crede che in questi casi, il posto di lavoro rappresenta «la nuova frontiera del pactum sceleris» soprattutto nel sud Italia dove l’accordo corruttivo si è perfezionato, nel 13% dei casi, attraverso l’assunzione di coniugi, congiunti o soggetti comunque legati al funzionario corrotto. È ovvio che l’efficacia di un sistema calibrato su prevenzione e repressione di questo particolare fenomeno criminale, non possa prescindere da un reale e profondo cambiamento culturale nel nostro Paese.

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