Costi della manodopera e tabelle ministeriali: quando scatta davvero l’esclusione secondo il Consiglio di Stato

Quando si presenta un’offerta economica in una gara di servizi, fino a che punto l’operatore è vincolato alle tabelle ministeriali del costo del lavoro? È obbligato a utilizzare le tabelle più aggiornate, anche se riferite a un CCNL diverso da quello che applica ai propri dipendenti? E, soprattutto, quando può dirsi violato il minimo salariale tale da imporre l’esclusione ai sensi dell’art. 110 del d.lgs. n. 36/2023?

Sono domande che ritornano spesso nelle gare dei servizi ad alta intensità di manodopera. A fornire una risposta chiara è la sentenza del Consiglio di Stato del 4 dicembre 2025, n. 9566, utile tanto agli operatori quanto alle stazioni appaltanti.

Costi della manodopera e scostamento da tabelle ministeriali: quando scatta l’esclusione?

Il tema dei costi della manodopera ha assunto un rilievo crescente nel nuovo Codice dei contratti. Il legislatore ha cercato un equilibrio tra tutela salariale, libertà di iniziativa economica e necessità di garantire offerte sostenibili. Tuttavia, non sono rari i casi in cui la coesistenza di tabelle ministeriali, CCNL eterogenei e organizzazioni aziendali molto diverse crea margini di incertezza da cui originano contenziosi tra OE e SA.

Palazzo Spada interviene proprio su questo terreno, chiarendo quando gli scostamenti dalle tabelle ministeriali possono rilevare e quando, invece, rappresentano un legittimo esito della specifica struttura aziendale.

Un caso che consente anche di riflettere sul ruolo della verifica di anomalia, sugli obblighi delle imprese e sulla corretta interpretazione degli articoli 41, 108 e 110 del Codice.

Il caso oggetto del contenzioso

La controversia nasce all’interno di una procedura indetta da una stazione appaltante per un servizio di recapito e distribuzione postale, per la quale l’aggiudicataria aveva indicato un costo della manodopera inferiore a quello calcolato dalla stazione appaltante, facendo riferimento non alle tabelle ministeriali del CCNL da essa applicato (K711, aggiornato nel 2016), bensì a quelle di un diverso contratto (K721), aggiornate al 2021.

La concorrente seconda classificata ha contestato l’aggiudicazione sostenendo che l’offerta fosse anomala e che il costo del lavoro fosse in contrasto con i minimi retributivi fissati dalle tabelle “vigenti”, in realtà riferite a un CCNL diverso da quello applicato dall’impresa.

Il TAR aveva annullato l’aggiudicazione imponendo alla Stazione Appaltante una nuova verifica di congruità ai sensi dell’art. 110 del Codice, mentre la ricorrente insisteva in appello chiedendo l’esclusione immediata dell’aggiudicataria.

 

Quadro normativo di riferimento

Per comprendere la portata della decisione occorre soffermarsi sull’architettura normativa del costo del lavoro nel Codice dei contratti, frutto del combinato di diverse norme tra cui:

  • l’art. 41, che disciplina la determinazione dei costi della manodopera, richiamando in modo espresso i trattamenti economici minimi derivanti dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative. I commi 13 e 14, in particolare, stabiliscono che le tabelle ministeriali rappresentano un parametro di riferimento ma non un vincolo assoluto: ciò che rileva in modo inderogabile è il rispetto dei minimi salariali, non l’allineamento automatico al costo medio;
  • l’art. 108, che al comma 9, introduce l’obbligo per l’operatore di indicare, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali di sicurezza. È questo l’adempimento che consente alla stazione appaltante di attivare la fase successiva di verifica di congruità;
  • l’art. 110, che definisce i contorni dell’anomalia. Il Codice richiede di valutare la serietà, sostenibilità e realizzabilità dell’offerta quando essa “appaia anormalmente bassa”. In tale contesto il costo della manodopera diventa un indicatore importante, ma l’esclusione è legittima solo se emerge una violazione dei minimi salariali retributivi previsti dalle tabelle ministeriali riferite al CCNL applicato dall’impresa. Non rilevano, quindi, tabelle relative a contratti diversi, nemmeno se più aggiornate o apparentemente meglio correlate all’oggetto dell’appalto.

La giurisprudenza ha poi più volte chiarito la distinzione tra trattamento economico minimo, che è inderogabile, e costo medio della manodopera, che resta invece un parametro indicativo. Quest’ultimo non può essere utilizzato per costruire automatismi espulsivi, né per ritenere l’offerta incongrua solo perché presenta scostamenti rispetto ai valori ministeriali.

Infine, vale la pena notare che il Codice valorizza il contraddittorio procedimentale. Le giustificazioni devono essere richieste e valutate nel merito, senza scorciatoie che conducano direttamente all’esclusione. Il legislatore, in altre parole, ha concepito la verifica di anomalia come uno spazio di approfondimento e confronto, non come un meccanismo di tipo sanzionatorio.

 

I principi espressi dalla sentenza

Il Consiglio di Stato ha confermato che non esiste alcun obbligo per un operatore economico di utilizzare tabelle ministeriali relative a un CCNL diverso da quello effettivamente applicato al proprio personale.

La violazione dei minimi retributivi può dirsi sussistente solo in riferimento al CCNL realmente applicato le cui tabelle ministeriali erano ferme al 2016.

Il mero scostamento rispetto alle tabelle di un contratto “affine” o più recente non legittima l’esclusione, né integra automaticamente l’anomalia dell’offerta.

In particolare, come specificato da Palazzo Spada:

  • non è configurabile un onere dell’appellata di utilizzare tabelle afferenti a un contratto collettivo diverso da quello effettivamente applicato al proprio personale;
  • il costo medio della manodopera indicato nelle tabelle ministeriali non assume valore di parametro assoluto e inderogabile, ma svolge una funzione indicativa.

L’offerta può essere sostenibile anche con scostamenti, purché giustificati da elementi quali l’organizzazione aziendale, la diversa distribuzione dei costi generali, il margine d’impresa.

 

Analisi tecnica

La pronuncia si inserisce in un filone giurisprudenziale ormai consolidato, che distingue con chiarezza tra:

  • minimi salariali inderogabili, vincolati al CCNL applicato;
  • tabelle ministeriali del costo medio del lavoro, che svolgono solo una funzione parametri-indicativa.

Secondo questo orientamento, la SA non può attribuire rilievo a tabelle di un CCNL diverso, nemmeno se più aggiornato. Il giudizio di congruità deve essere “interno” all’organizzazione dell’impresa e al contratto collettivo effettivamente applicato.

Proprio per questo, il fatto che un CCNL affine disponga di tabelle più recenti non crea un obbligo automatico di applicarle. La verifica di congruità va condotta caso per caso, tenendo conto di diversi elementi quali:

  • l’applicazione del CCNL dichiarato;
  • le effettive condizioni salariali praticate;
  • le giustificazioni fornite in procedura.

Non solo: ricorda Palazzo Spada che “Gli scostamenti del costo del personale possono trovare compensazione […] in altre voci, quali spese generali, fondi rischi, utile d’impresa”. Ciò significa che un costo della manodopera inferiore al valore tabellare non è, di per sé, indice di anomalia ma serve un’analisi complessiva dell’offerta.

Infine, la stazione appaltante deve attivare un contraddittorio completo, chiedendo le spiegazioni sui costi. Il meccanismo dell’esclusione immediata è riservato ai casi-limite, cioè alla violazione dei minimi retributivi.

 

Conclusioni operative

Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello e confermato la legittimità della decisione del TAR, imponendo alla stazione appaltante la rinnovazione della verifica di congruità secondo i criteri corretti.

Sono diverse le indicazioni utili che si possono trarre dalla pronuncia sia per le amministrazioni che per chi partecipa alle procedure.

Nel caso delle stazioni appaltanti:

  • non imporre l’utilizzo di tabelle riferite a CCNL diversi da quello applicato dall’impresa;
  • valutare la congruità del costo del lavoro solo rispetto al CCNL dichiarato;
  • attivare sempre il contraddittorio, soprattutto quando il costo del personale è significativamente inferiore rispetto alle tabelle;
  • tenere distinta la nozione di minimo salariale da quella di costo medio ministeriale.

Per gli operatori economici:

  • indicare in modo trasparente il CCNL applicato;
  • motivare gli scostamenti con un’analisi credibile dell’organizzazione aziendale;
  • preparare giustificazioni coerenti e documentate per la fase di verifica di anomalia.

Il punto decisivo resta l’analisi concreta dell’offerta, che impedisce a differenze tabellari dovute a aggiornamenti non uniformi di trasformarsi in automatismi espulsivi estranei al Codice.

 

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