Ribassabilità dei costi della manodopera: il Consiglio di Stato chiarisce i limiti
Può l’operatore economico applicare il ribasso anche ai costi della manodopera? E fino a che punto la tutela dei lavoratori può conciliarsi con il principio di libera concorrenza?
Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 7 ottobre 2025, n. 7813, interviene su una delle questioni più controverse del nuovo Codice dei contratti pubblici: la ribassabilità dei costi della manodopera rispetto all’importo complessivo posto a base di gara.
Ribasso e costi della manodopera: un equilibrio difficile
Nel caso in esame, una stazione appaltante aveva indetto una procedura negoziata ai sensi degli artt. 14 e 50 del d.lgs. n. 36/2023 per un servizio dal valore di 592.348,40 euro, di cui 549.846,40 riferiti alla manodopera.
Un operatore aveva presentato un ribasso del 100%, limitato ai soli costi interni, mentre un altro concorrente aveva offerto un ribasso del 17,3% sull’intero importo. La stazione appaltante, dopo la verifica di congruità, aveva ritenuto legittima la seconda offerta e corretto la graduatoria.
Il TAR, in primo grado, aveva invece accolto il ricorso del primo operatore, sostenendo che, ai sensi dell’art. 41, comma 14, del Codice, i costi della manodopera dovessero essere esclusi dalla base assoggettabile a ribasso.
Palazzo Spada, ribaltando tale impostazione, ha accolto l’appello della stazione appaltante. Vediamo nel dettaglio le ragioni della decisione.
Le norme nel Codice Appalti
L’art. 41, comma 14, del d.lgs. n. 36/2023 dispone che:
“I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato a ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.
La disposizione, osserva il Consiglio di Stato, deve essere interpretata in chiave sistematica, ponendosi in rapporto:
- con l’art. 108, comma 9, che impone l’indicazione dei costi della manodopera a pena di esclusione
- con l’art. 110, comma 1, che prevede la verifica di congruità anche in base ai costi dichiarati.
Essa conduce alla conclusione che tali costi, pur essendo separatamente individuati, continuano a far parte della base economica complessiva su cui applicare il ribasso.
La disposizione, aggiunge Palazzo Spada, non comporta l’equiparazione tra manodopera e oneri di sicurezza da interferenze, questi ultimi realmente fissi e non ribassabili. La ratio dell’articolo è invece quella di garantire trasparenza nella quantificazione dei costi, non di sottrarli al meccanismo concorrenziale.
Gli orientamenti della giursprudenza
Già con la sentenza n. 5665/2023, il Consiglio di Stato aveva affermato che vietare il ribasso sulla manodopera contrasta con il principio di libera concorrenza, richiamando l’art. 41 della Costituzione.
Successivamente, la Sezione V ha ribadito che il ribasso è ammissibile, purché l’operatore dimostri — nella verifica di anomalia — che la riduzione deriva da una più efficiente organizzazione aziendale e che siano rispettati i minimi salariali.
La stessa giurisprudenza (Cons. Stato, sez. V, n. 5712/2025) ha precisato che la novità del nuovo Codice consiste soltanto nell’obbligo di indicare separatamente i costi della manodopera, ma non nel vietarne la ribassabilità. L’importo a base di gara, infatti, li comprende integralmente.
La posizione della giustizia amministrativa trova conferma anche negli orientamenti di:
- ANAC, con il Bando tipo n. 1/2023, ha previsto che se l’operatore economico indica un costo della manodopera diverso da quello stimato dalla stazione appaltante, l’offerta deve essere sottoposta a verifica di anomalia, non esclusa;
- MIT, con il Parere n. 2505/2024, ha ribadito che “l’importo assoggettato a ribasso comprende i costi della manodopera”, precisando tuttavia che la stazione appaltante deve indicarne il valore stimato come parametro di riferimento.
La decisione del Consiglio di Stato
I giudici d’appello, nel confermare la correttezza dell’operato della stazione appaltante, hanno ricostruito il quadro sistematico con chiarezza specificando che:
- i costi della manodopera non sono esclusi dal ribasso, ma devono essere indicati separatamente per garantire trasparenza;
- l’offerta che li includa nel ribasso non è nulla né indeterminata, ma soggetta alla verifica di anomalia;
- la ratio dell’art. 41, comma 14, è quella di bilanciare la tutela del lavoratore con la libertà d’impresa e la concorrenza, evitando interpretazioni restrittive non supportate dal dato normativo.
Ne consegue che l’offerta dell’aggiudicataria — basata su un ribasso del 17,3% sull’importo complessivo — era pienamente conforme al quadro normativo e alla disciplina di gara.
Conclusioni
Il ricorso è stato quindi respinto, confermando la legittimità dell’aggiudicazione.
La sentenza si inserisce in un filone ormai consolidato, di grande rilevanza applicativa per le stazioni appaltanti e per gli operatori economici secondo cui:
- i costi della manodopera devono essere quantificati e indicati separatamente, ma restano parte della base d’asta;
- è ammesso il ribasso anche su tali costi, purché il concorrente giustifichi l’efficienza organizzativa e rispetti i minimi salariali;
- l’offerta non è esclusa, ma sottoposta alla verifica di anomalia;
- le clausole di gara che vietano in modo assoluto il ribasso sulla manodopera sono illegittime perché in contrasto con i principi di concorrenza e proporzionalità.