Dal 2013 al 2019, le PA (pubbliche amministrazioni) italiane, hanno esperito 80 gare d’appalto innovative per un totale di 470 milioni di euro. Le procedure innovative sono state utilizzate soprattutto nei settori della sanità e alimentazione, dell’energia e ambiente, la mobilità intelligente e delle smart communities. Lo ha reso noto l’Agenzia per l’ Italia digitale (Agid), in una nota diffusa la scorsa settimana, in cui ha affrontato il tema dei cosiddetti «appalti innovativi».

Si tratta delle procedure previste dalla legislazione comunitaria e nazionale che rivoluzionano le modalità e l’oggetto degli acquisti della pubblica amministrazione. Tramite gli appalti innovativi, la p.a., ha lanciato una «sfida» al mercato, esprimendo il proprio fabbisogno in termini funzionali, lasciando agli operatori di mercato la libertà di proporre la soluzione tecnica ritenuta più idonea. Si tratta ad esempio del dialogo competitivo, così come disciplinato dall’articolo 64 del codice dei contratti pubblici o del partenariato per l’ innovazione, regolato dal successivo articolo 65, procedure in cui la stretta interazione fra operatore economico e stazione appaltante, rendono del tutto nuovo l’approccio (collaborativo) fra le parti.

Di.Sa ricorda che, d’altro canto, è stata la stessa Unione europea a raccomandare l’utilizzo di queste procedure già nel «considerando» (premessa) n. 47 della direttiva 24/2014: «(…) Le autorità pubbliche dovrebbero utilizzare gli appalti pubblici strategicamente nel miglior modo possibile per stimolare l’innovazione. L’acquisto di prodotti, lavori e servizi innovativi svolge un ruolo fondamentale per migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi pubblici e nello stesso tempo affrontare le principali sfide a valenza sociale. (…)».

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