Rating di legalità nei bandi di gara criteri di premialità con compensazione.La stazione appaltante che intenda attribuire un punteggio in caso di possesso del rating di legalità, dimostrato attraverso il certificato rilasciato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), deve anche prevedere delle misure di compensazione di elementi presenti nel rating stesso per i soggetti che a questo non possono accedere.Lo ha chiarito la Sezione Quinta del Consiglio di Stato con la sentenza n.6907 del 10 ottobre 2019, intervenuta per la riforma di una decisione di primo grado in merito alla mancata previsione di misure di compensazione per le piccole imprese relativamente al punteggio previsto per il rating di legalità.Il Consiglio di Stato ha ricordato che come previsto all’art. 5-ter del Decreto Legge n.1/2012 , il rating di legalità può essere richiesto solo dalle imprese operanti nel territorio nazionale che raggiungano un fatturato minimo di due milioni di euro. Per questo motivo, la disposizione prevista all’art. 95, comma 13 del D.Lgs. n.50/2016 (c.d. Codice dei contratti) persegue l’obiettivo dichiarato di coniugare al criterio premiale del rating di legalità quello di agevolare la partecipazione delle microimprese, delle piccole e medie imprese. In tale contesto legislativo sono intervenute le Linee Guida ANAC n.2 che al paragrafo II (Criteri di valutazione) affermano:

Al comma 13 dell’art. 95 viene anche stabilito che, compatibilmente con il rispetto dei principi che presidiano gli appalti pubblici, le stazioni appaltanti possono inserire nella valutazione dell’offerta criteri premiali legati al rating di legalità e di impresa dell’offerente, all’impatto sulla salute e sull’ambiente (ivi compresi i beni o i prodotti da filiera corta o a chilometro zero) e per agevolare la partecipazione delle microimprese e delle piccole e medie imprese, dei giovani professionisti e per le imprese di nuova costituzione. Si ricorda che il rating di legalità può essere richiesto dalle imprese operanti in Italia, iscritte al registro delle imprese da almeno due anni e con un fatturato minimo pari ad almeno due milioni di euro. A meno che la stazione appaltante non sappia già, nella predisposizione del bando di gara o della lettera di invito, che alla procedura potranno partecipare solo imprese potenzialmente idonee ad avere il rating, è opportuno che, per il suo utilizzo, vengano introdotte compensazioni per evitare di penalizzare imprese estere e/o di nuova costituzione e/o carenti del previsto fatturato, consentendo a tali imprese di comprovare altrimenti la sussistenza delle condizioni o l’impiego delle misure previste per l’attribuzione del rating. In particolare, per i soggetti che non possono accedere al rating di legalità, la stazione appaltante potrebbe indicare gli elementi presenti nel rating di legalità (di cui alla Delibera dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato n. 24075 del 14 novembre 2012 – Regolamento Rating di legalità “Regolamento di attuazione dell’art. 5- ter del dl 1/2012, così come modificato dall’art. 1, comma 1-quinquies, del dl 29/2012, convertito con modificazioni dalla legge 62/2012” e successivi aggiornamenti), diversi da quelli già considerati ai fini della qualificazione, per i quali prevedere un punteggio premiante e considerare verificata la presenza di tali elementi per le imprese che posseggono il rating con un numero di “stellette” ritenuto idoneo. Al fine di agevolare la partecipazione delle microimprese e delle piccole e medie imprese, dei giovani professionisti e delle imprese di nuova costituzione si suggerisce alle stazioni appaltanti di prevedere criteri di valutazione che valorizzino gli elementi di innovatività delle offerte presentate.

Nel caso oggetto della contesa, la lex specialis ammetteva la partecipazione di imprese con un fatturato non inferiore ad un milione di euro, ma nessuna misura compensativa è stata prevista in riferimento al rating di legalità nonostante lo stesso non possa essere richiesto dalle imprese con fatturato inferiore a 2 milioni di euro. Il che è illegittimo perché non conforme al disposto dell’art. 95, comma 13 del Codice dei contratti.

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