Varianti e migliorie: dal Consiglio di Stato la differenza. Che differenza intercorre tra varianti non consentite e miglioramenti /ammessi rispetto ai progetti posti a base di gara? A chiarirlo è il Consiglio di Stato con la sentenza n. 6793/2019 con la quale ha ribaltato una decisione di primo grado, ricordando un principio ormai affermato.In particolare, nel caso di utilizzo dell’offerta economicamente più vantaggiosa (OEPV), le soluzioni migliorative si differenziano dalle varianti perché:

  • le prime possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’Amministrazione;
  • le seconde si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante, mediante preventiva autorizzazione contenuta nel bando di gara e l’individuazione dei relativi requisiti minimi che ne disegnano i limiti.

Secondo questo principio, le proposte migliorative consistono in soluzioni tecniche che, senza incidere sulla struttura, sulla funzione e sulla tipologia del progetto a base di gara, investono singole lavorazioni o singoli aspetti tecnici dell’opera, lasciati aperti a diverse soluzioni, configurandosi come integrazioni, precisazioni e migliorie che rendono il progetto meglio corrispondente alle esigenze della stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste.Ma non solo, perché la valutazione delle soluzioni migliorative come pure delle loro ragioni costituisce espressione di un’ampia discrezionalità tecnica della commissione giudicatrice, con conseguente insindacabilità nel merito delle valutazioni e dei punteggi attribuiti, ove non inficiate da macroscopici errori di fatto, da illogicità o da irragionevolezza manifesta.

Il caso di specie, oggetto della pronuncia del Consiglio di Stato, riguarda l’inserimento in offerta di una tettoia frangisole a copertura del lucernaio di vetro. Tettoia che, secondo lo stesso CTU nominato dal giudice di primo grado, non avrebbe inciso in modo significativo sulla struttura a sollecitazioni sismiche in presenza di isolanti sismici ed il cui effetto sulla statica e dinamica dell’edificio è trascurabile. Non comportando, dunque, un peggioramento percettibile dei profili di affidabilità sismica della soluzione proposta, né una modifica sostanziale dei calcoli strutturali elaborati con riferimento al progetto posto a base di gara, aggiungendo ancora che essa non determina neppure la necessità di richiesta di parere all’Ufficio Regionale Deposito Sismico, ma soltanto il deposito del progetto (nel caso di privati) ovvero la comunicazione di avvenuto deposito (nel caso di soggetti pubblici), la tettoia non presenta, sia dal punto di vista funzionale, sia sotto il profilo strutturale, caratteristiche tali da poter essere qualificata come variante essenziale del progetto posto dall’amministrazione a base di gara e come tale inammissibile, non implausibilmente essendo stata qualificata – e valutata dall’amministrazione appaltante e per essa dalla commissione di gara – come proposto miglioria, ammissibile.

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