Post Coronavirus e Fase 2 Sì al commissariamento degli appalti pubblici. In questi giorni la politica e l’economia stanno affrontando a livello nazionale ed europeo il tema dell’adozione di misure necessarie per finanziare su larga scala il rilancio dell’economica.

A fianco di questo dibattito, in un Paese come il nostro così appesantito dalla burocrazia, dai numerosi passaggi autorizzativi e approvativi, spesso in conflitto fra loro, non poteva mancare una riflessione sul Codice degli appalti e sulla necessità di snellire le sue procedure, fino ad arrivare a una esplicita richiesta di deroga se non, addirittura, di abrogazione.

Tutte riforme che, al di là dei contenuti e degli indirizzi, peraltro molto diversi e articolati fra un provvedimento e l’altro, sono state concepite per fare fronte ad aspetti emergenziali, senza mai avere una visione a lungo termine della gestione degli appalti.È stato così per la legge Merloni dell’inizio anni ’90 che, nelle sue varie versioni, si è posta l’obiettivo di fare uscire il settore delle opere pubbliche dalle sabbie mobili di Tangentopoli imponendo una poderosa stretta alla libertà di azione delle imprese, con il risultato di ingessare il mercato.Altrettanto è avvenuto con il corposo Codice De Lise del 2006 che, mandata in soffitta la Merloni, ebbe l’ambizione di aprire il settore a un mercato che fosse concorrenziale, sia da punto di vista tecnico che economico, salvo poi perdere completamente la meta lasciando, nella sostanza, campo libero al massimo ribasso e all’accesso indiscriminato al subappalto.Nel frattempo, nel 2001, nella disciplina degli appalti si inserì la “legge obiettivo”. Un provvedimento legislativo con il quale si intese dare un forte impulso al settore economico delle grandi opere adottando procedure semplificate. L’importo di finanziamento previsto fu originariamente di 120 miliardi di euro in dieci anni, poi incrementato con il passare del tempo. Gli appetiti locali per chiedere l’inserimento di qualsiasi opera nell’elenco delle opere strategiche fu enorme. Al 2015 le opere per le quali fu richiesto il finanziamento ammontava a più di 400 miliardi di euro. Gli sforzi per produrre una programmazione finanziaria degli interventi furono vani. La legge, seppur utile per lanciare importanti opere, si trasformò in un costoso libro dei sogni, sotto tutti i punti di vista. E oggi, più del 60% delle opere ritenute prioritarie, fra quelle ammesse negli elenchi delle opere strategiche, non risulta ancora completato.Il 2016 è stato l’anno della svolta. Dopo più di 600 interventi di modifica del Codice De Lise e con l’inderogabile esigenza di armonizzare la legislazione italiana alle Direttive europee, nonché di approdare a una seria semplificazione del quadro normativo, il Parlamento affidò al Governo la delega per varare il nuovo Codice. Il risultato è stato buono sotto molteplici punti di vista: ruolo chiave dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, gare per le concessioni, introduzione – seppur facoltativa – della gestione integrata dei processi di progettazione, pianificazione, stima, costruzione, contabilizzazione, manutenzione attraverso sistemi digitali, conflitto di interessi, dibattito pubblico, ecc. Meno buono è stato nei confronti dello snellimento delle procedure di appalto che continuano a essere il grande vulnus dell’intero impianto normativo degli appalti pubblici.

Su questo tema il legislatore dovrà intervenire in futuro ponendo riparo agli aspetti negativi introdotti dal c.d. decreto “Sblocca cantieri” del 2019 che, con l’intento di accelerare l’avvio di cantieri, ha fortemente attenuato gli aspetti positivi del Codice del 2016 senza rimuoverne i punti deboli.

In attesa che la politica individui la giusta via per definire un impianto legislativo duraturo, efficiente ed efficace, aperto a un serio partenariato pubblico-privato di stile anglosassone, la sfida che oggi (non domani) dobbiamo vincere è quella di consentire la gestione della fase 2 dell’emergenza Coronavirus con criteri eccezionali che consentano di velocizzare al massimo gli appalti di opere, beni e servizi pubblici, ma nello stesso tempo garantiscano la concorrenza, la trasparenza e l’imparzialità di trattamento che l’argomento impone.Nella convinzione che la necessità di mettere in atto un nuovo Piano Marshall per il rilancio dell’economia imporrà un profondo ripensamento del modello di sviluppo delle società occidentali, che dovrà essere in grado di coniugare sviluppo e sostenibilità ambientale, creazione di valore e solidarietà, senza cedere alle illusioni delle false chimere della decrescita felice, in questo momento è diventato dirimente per il Paese prendere decisioni importanti sul fronte degli investimenti in opere pubbliche, leva sulla quale deve agire una corretta politica volta a contrastare gli impatti negativi della recessione.Premesso che la Commissione Europea in data 1 aprile ha emesso una Comunicazione riguardante gli “Orientamenti sull’utilizzo del quadro in materia di appalti pubblici nella situazione di emergenza connessa alla crisi della Covid-19” con la quale fornisce chiarimenti in ordine ai margini di manovra consentiti dalle vigenti Direttive per procedere all’approvvigionamento di beni e servizi pubblici con procedure accelerate, giova precisare che l’attuale emergenza non può tradursi in una completa deregolamentazione con libertà assoluta di spesa a tutti i livelli dell’Amministrazione pubblica, attraverso gli affidamenti diretti, come si sente invocare da più parti.

In questo scenario l’utilizzo dell’istituto del commissariamento può essere una soluzione percorribile, se gestita per un periodo transitorio e, soprattutto, sotto l’alta sorveglianza dell’Autorità Nazionale Anticorruzione.

Al riguardo, di seguito provo a delineare tre linee di azione.

  1. Selezione, in sede di Conferenza Stato-Regioni, delle opere pubbliche prioritarie di interesse nazionale che attendono di essere progettate, appaltare, o semplicemente portate a completamento, nell’ambito degli interventi inerenti:
    1. edilizia ospedaliera e socio-sanitaria,
    2. edilizia residenziale e recupero del patrimonio storico-artistico in aree colpite da eventi sismici,
    3. infrastrutture digitali afferenti il Piano nazionale BUL (Banda Ultra Larga),
    4. ammodernamento, potenziamento e messa in sicurezza delle reti stradale e ferroviarie esistenti,
    5. realizzazione di nuove linee metropolitane e completamento di quelle in costruzione,
    6. tutela e messa in sicurezza del territorio dai fenomeni di disseto idrogeologico.
  2. Commissariamento degli interventi pubblici di cui sopra, su base regionale oppure nazionale in riferimento l’Amministrazione proponente, con attribuzione ai Commissari del potere di adottare procedure di autorizzazione, approvazione e appalto in deroga ad ogni disposizione di legge extra-penale, fatta salva l’acquisizione dei pareri tecnici consultivi (in particolare i pareri ambientali), da parte delle Amministrazioni competenti, in sede di Conferenza dei servizi semplificata.
  3. Conferimento alle Centrali di committenza, oggi operanti sul territorio nazionale (circa una trentina), di poteri commissariali in ordine alla centralizzazione delle competenze sugli appalti di beni e servizi necessari alle Pubbliche Amministrazioni di importi superiori alle attuali soglie comunitarie.

Queste proposte non rappresentano certo la soluzione a tutti i problemi che ci troveremo davanti quando l’epidemia avrà allentato la sua morsa, tuttavia possono contribuire a gestire, attraverso meccanismi di responsabilità e di controllo, il rilancio di un settore chiave per l’economia garantendo il raggiungimento dei risultati in tempi e costi certi.

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