Contratti collettivi e appalti pubblici: bando nullo senza istruttoria sul CCNL applicabile
L’assenza di un’istruttoria adeguata sull’individuazione del contratto collettivo nazionale da applicare può determinare l’illegittimità del bando di gara? Qual è il ruolo della rappresentatività sindacale nella scelta del CCNL da parte della stazione appaltante? E in che modo la mancata valutazione comparativa dei contratti collettivi può incidere sulla libertà sindacale e sulla concorrenza tra operatori?
Contratti collettivi e appalti pubblici: nuova sentenza del TAR Toscana
Sono questi i temi al centro della sentenza n. 813/2025 del TAR Toscana, che ha annullato gli atti di gara relativi a un appalto per l’affidamento del servizio di sorveglianza antincendio e gestione delle emergenze in ambito sanitario.
La controversia ha riguardato la decisione della stazione appaltante di individuare, nella lex specialis della gara, un contratto collettivo nazionale (“Guardie ai fuochi”) come unico riferimento per l’esecuzione dell’appalto, escludendo altre opzioni contrattuali stipulate da soggetti rappresentativi del settore. Una decisione assunta senza preventiva istruttoria, in assenza di motivazione o parametri oggettivi a supporto.
Secondo la ricorrente (un’associazione di categoria), tale scelta – operata in assenza di un’adeguata istruttoria – avrebbe inciso direttamente sulla libertà sindacale e compromesso la posizione delle imprese associate, chiamate a confrontarsi con un CCNL diverso da quello di riferimento per il settore, con conseguente disparità di trattamento e pregiudizio alla rappresentatività.
La posizione del TAR: legittimazione, rappresentatività e obblighi istruttori
Preliminarmente, il TAR ha affrontato l’eccezione presentata relativamente al difetto di legittimazione e interesse dell’associazione di categoria ad impugnare l’indizione della gara non essendo essa un operatore del settore interessato a parteciparvi. I giudici di primo grado hanno, però, riconosciuto la legittimazione ad agire da parte di un soggetto collettivo portatore di interessi associativi qualificati, precisando che la libertà sindacale può essere compromessa anche indirettamente quando una stazione appaltante disconosce la rappresentatività di una determinata sigla contrattuale.
Sul piano normativo, il TAR ha ribadito che l’art. 11 del D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti) impone alle stazioni appaltanti di selezionare il contratto collettivo applicabile non in base a preferenze soggettive, ma tenendo conto di due criteri oggettivi:
- l’inerenza all’attività oggetto dell’appalto;
- la maggiore rappresentatività delle parti stipulanti a livello nazionale.
La mancata istruttoria, in questo contesto, è stata ritenuta vizio sostanziale. Il TAR ha chiarito che, in presenza di più CCNL potenzialmente applicabili, la stazione appaltante non può omettere il confronto né presumere la superiorità di uno sull’altro, ma deve procedere a una verifica documentata basata su criteri coerenti con le disposizioni legislative e la prassi consolidata.
Il nuovo art. 11 e l’Allegato I.01: cosa cambia con il D.Lgs. n. 209/2024
La sentenza si inserisce in un quadro normativo in evoluzione, profondamente modificato dal D.Lgs. n. 209/2024, che ha riscritto parzialmente l’art. 11 del Codice dei contratti pubblici e introdotto il nuovo Allegato I.01.
Ricordiamo che il correttivo ha:
- precisato l’obbligo per le stazioni appaltanti di indicare nei documenti iniziali di gara il CCNL applicabile, in conformità al criterio della rappresentatività comparativa e dell’inerenza all’attività oggetto dell’appalto;
- previsto che, in presenza di prestazioni secondarie di entità rilevante (oltre il 30%), debba essere individuato un ulteriore CCNL coerente con tali attività (comma 2-bis);
- chiarito che l’operatore può indicare un contratto diverso, ma solo se dimostra l’equivalenza delle tutele (comma 3 e Allegato I.01);
- disciplinato, all’interno dell’Allegato I.01, i criteri per l’individuazione del CCNL corretto, utilizzando parametri oggettivi come i codici ATECO e le classificazioni merceologiche CNEL, e per la verifica delle tutele equivalenti (sul piano economico e normativo).
Modifiche che provano a risolvere una delle questioni più controverse emerse nell’applicazione del Codice 2023, come dimostrano diverse pronunce dei TAR. Tra queste, la sentenza in commento si segnala per la chiarezza con cui riconduce il potere delle stazioni appaltanti entro margini precisi e oggettivi.
Conclusioni
La sentenza del TAR Toscana offre un punto fermo significativo: la scelta del contratto collettivo nazionale di lavoro non può essere un atto meccanico o dettato da consuetudini operative, ma deve essere preceduta da un’istruttoria accurata, fondata su parametri di inerenza e rappresentatività. In assenza di tale verifica, la lex specialis risulta radicalmente illegittima.
Il nuovo art. 11 e l’Allegato I.01 vanno nella giusta direzione, ma impongono un profondo cambio di paradigma nella prassi delle stazioni appaltanti. Non è più sufficiente richiamare un CCNL “più utilizzato”: serve una motivazione trasparente e documentata, ancorata a criteri verificabili.
La qualità della regolazione passa da qui: da un’amministrazione che conosce la materia e la applica con consapevolezza, da tecnici che pretendono criteri certi e da un legislatore che accompagni le riforme con strumenti operativi concreti e condivisi. Perché senza metodo, ogni buona norma resta sulla carta.
In definitiva, si tratta di una sfida culturale prima ancora che normativa: riportare la qualità del lavoro al centro dell’affidamento pubblico, non come principio generico, ma come parametro operativo, misurabile e trasparente.