Affrontiamo oggi il discorso sulla differenza tra costo orario medio del lavoro e minimi salariali.

Per quanto concerne il costo orario medio del lavoro si intende il costo dell’ora lavorativa effettiva, comprensiva dei costi di sostituzione che il DL ( ossia Datore di Lavoro) deve sopportare per malattia, ferie, permessi, assenteismo, mentre per salario minimo si intende una remunerazione minima – stabilita ex lege da ogni paese – che i datori di lavoro devono dare ai propri dipendenti così da offrire una tutela minimale, soprattutto per quelle categorie di lavoratori che dovessero essere escluse dalla copertura di contratti collettivi rafforzando al tempo stesso la salvaguardia della dignità del lavoro. A tal riguardo, si ricorda la distinzione anche tra salario minimo troppo alto che potrebbe scoraggiare la domanda di lavoro o incentivare al lavoro irregolare, e salario minimo troppo basso che invece, potrebbe non garantire condizioni di vita dignitose.

Soltanto per quanto riguarda i minimi salariali, in caso di loro violazione, vale la misura punitiva dell’esclusione dell’offerta che è stabilita dall’art. 97, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016, perchè se non vengono rispettati i suddetti minimi salariali, l’offerta è considerata per legge anormalmente bassa.

Di.Sa fa un’ulteriore precisazione, ossia che mentre il trattamento retributivo minimo ha carattere originario perchè viene ricavato direttamente dal contratto collettivo nazionale, il costo medio orario del lavoro viene desunto dall’analisi e dall’ associazione di più dati, attraverso delle tabelle, e quindi non rappresentano un limite insopprimibile per gli operatori economici che partecipano a procedure di affidamento di contratti pubblici, ma sono invece solo un parametro per valutare l’offerta appropriata.

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