Costo del lavoro (ccnl coop. sociali): le tabelle ministeriali risalenti vanno aggiornate dalla Stazione appaltante!

Come noto, le stazioni appaltanti, al fine di determinare l’importo posto a base di gara, deve individuare nei documenti posti a base di gara i costi della manodopera sulla base dei costi rilevabili dalle tabelle pubblicate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali.Roma Capitale pubblica una gara (Servizio Educativo per l’Autonomia degli alunni con disabilità), e per il costo del lavoro fa riferimento alle tabelle ministeriali di cui al DM Lavoro del 2 ottobre 2013, ancorché al momento di pubblicazione della gara medesima fosse già stato siglato l’accordo di rinnovo del CCNL – Cooperative Sociali, divenuto efficace in data 31 maggio 2019.Tale mancata applicazione rileverebbe quindi riguardo ad una sottostimata determinazione del costo del lavoro. Tar Lazio, Roma, II 16 aprile 2020,n. 3948 accoglie il ricorso presentato da un nutrito gruppo di cooperative sociali.

“È opinione consolidata che l’individuazione del prezzo posta a base d’asta può ritenersi congruo anche se non vengano rispettate le medesime tabelle predisposte dal Ministero del Lavoro, le quali indicano dei costi medi, i quali costituiscono parametri non inderogabili, salvo però il limite che lo scostamento non sia eccessivo e vengano salvaguardate le retribuzioni dei lavoratori come stabiliti in sede di contrattazione collettiva.Nel caso di specie, pare evidente, da una parte, la risalenza delle tabelle ministeriali utilizzate da Roma Capitale, dall’altra, la circostanza che, già all’epoca della pubblicazione del bando, i relativi corrispettivi erano stati sensibilmente aumentati per effetto dell’entrata in vigore del nuovo accordo collettivo.Contraddittoria ed irragionevole è stata dunque la scelta dell’amministrazione, laddove, nel congegnare la legge di gara per un affidamento di così rilevante impatto (dal punto di vista sociale ed economico) ha sottostimato i costi del personale, determinandoli in base a parametri non solo non più attuali, ma addirittura superati, come detto, già prima della indizione della procedura, dalle nuove pattuizioni del nuovo contratto collettivo.Al di là dell’inquadramento delle figure e della mancata previsione della “indennità di turno” e delle “spese generali”, appare infatti palese che il costo reale del personale, al momento della decorrenza dell’accordo quadro e cioè al 1° settembre del 2020, sarà ampiamente minore di quello a regime previsto per le prestazioni richieste.Del resto, va condiviso quanto sostenuto dalla parte istante, quando osserva che, proprio sotto il profilo assiologico e di valorizzazione della prestazione richiesta (indirizzata ad una platea di destinatari che rappresentano soggetti deboli e “protetti”, i quali devono poter contare su di un servizio qualificato e dunque congruamente remunerato), l’amministrazione avrebbe dovuto ancor più attentamente valutare il giusto prezzo del servizio richiesto.Cosa che non è stata evidentemente fatta.“Per un verso, per quanto concerne gli Operatori Educativi per l’autonomia scolastica, essi sembrano poter rientrare nella categoria C1, proprio in forza di quanto previsto dall’articolo 47 del contratto collettivo del 2019; atteso che rientrano in tale categoria, tra gli altri, “le lavoratrici e i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che richiedono capacità manuali e tecniche specifiche riferite alle proprie specializzazioni professionali, conoscenze teoriche e/o specialistiche di base, competenze professionali, capacità e conoscenze idonee al coordinamento e controllo di altri operatori di minore contenuto professionale. L’autonomia e la conseguente responsabilità sono riferite a metodologie definite e a precisi ambiti di intervento operativo nonché nell’attuazione di programmi di lavoro, delle attività direttamente svolte e delle istruzioni emanate nell’attività di coordinamento. Le competenze e capacità includono l’utilizzo di attrezzature, macchinari, automezzi di natura complessa nonché la gestione di beni materiali per la realizzazione di processi produttivi conosciuti. Le competenze professionali sono quelle derivanti dal possesso di titoli professionali abilitanti riconosciuti a livello nazionale e regionale, o dalla partecipazione a processi formativi o dall’esperienza maturata in costanza di lavoro”.

Non sembra che la qualificazione possa peccare per difetto, come contestato da parte ricorrente.Altrettanto deve dirsi per la figura del coordinatore, il quale può essere ascritto alla categoria D, in linea con quanto previsto dal medesimo articolo 47 del CCNL succitato, il quale contempla espressamente i lavoratori che “ricoprono posizioni di lavoro che richiedono conoscenze professionali teoriche specialistiche di base, capacità tecniche elevate per l’espletamento delle attribuzioni, autonomia e responsabilità secondo metodologie definite e precisi ambiti di intervento operativo proprio del profilo, eventuale coordinamento e controllo di altri operatori, con assunzione di responsabilità dei risultati conseguiti. Concorrono alla definizione delle mansioni loro affidate ed alla organizzazione del lavoro proprio e dell’eventuale altro personale coordinato e controllato. Predispongono i materiali necessari all’espletamento della loro mansione. Le competenze e capacità includono l’utilizzo di attrezzature, macchinari, nonché la gestione di beni e materiali per la realizzazione di processi produttivi conosciuti. Le competenze professionali sono quelle derivanti dall’acquisizione di titoli abilitanti conseguiti secondo la legislazione corrente, laddove richiesto, o dal possesso di adeguato titolo di studio o da partecipazione a processi formativi o dall’esperienza maturata in costanza di lavoro”.l primo motivo di ricorso deva anche essere disatteso nella parte in cui si contesta la mancata previsione della “indennità di turno” e delle “spese generali”.Da una parte, invero, risulta plausibile quanto ritenuto dall’amministrazione, laddove ha inteso che le relative prestazioni contrattuali non implicano una organizzazione del lavoro su turni in modalità continuativa ed ininterrotta, né si richiede una distribuzione del personale articolata su turni diurni e notturni ovvero festivi/domenicali.Dall’altra parte, quanto alle spese generali, corretta è la prescrizione della legge di gara, la quale prevede che “nel rappresentare che tale quota parte è soggetta a ribasso rientrando nel valore massimo stimato a base di gara per ciascun lotto e che pertanto subirà un fisiologico ridimensionamento, a discrezione dei potenziali concorrenti, che ne terranno ovviamente conto anche ai fini della sostenibilità dell’offerta medesima, si evidenzia che rispecchia la disponibilità delle effettive somme postate del bilancio, finalizzata soprattutto a coprire il numero di ore pro capite per l’utente in un’ottica di efficientamento e della qualità del servizio da rendere, pur sacrificando eventuali economie da ribasso.”.In sostanza, premesso che i criteri stabiliti dalla riferita delibera di C.C. 135/2000 sono di carattere generale e non strettamente prescrittivo, l’amministrazione, con ragionamento plausibile, ha ritenuto, data la peculiarità dell’affidamento e la limitatezza dei vincoli di bilancio, di far rientrare tale voce nell’importo generale stimato soggetto a ribasso, rimettendo la relativa articolazione alla capacità di ogni singolo concorrente”.

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