Con sentenza n. 1983/2019, il Tar Puglia, Lecce , ha fornito le prime interpretazioni ed applicazioni operative – in materia di limiti al subappalto – successivamente alla sentenza della Corte di giustizia Europea n. C-63/18 del 26 settembre 2019, con la quale la Cgue ha affermato la non conformità alla direttiva n. 2014/24 della disciplina nazionale in materia di contratti pubblici nella parte in cui prevede il limite quantitativo del 30% alle prestazioni subappaltabili. Il Tar, nello specifico, ha preliminarmente richiamato la disposizione di cui al comma 2 dell’ articolo 105 del Dlgs n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), che definisce il subappalto come «il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto».

La suprema Corte Europea, ha evidenziato che «durante tutta la procedura, le amministrazioni aggiudicatrici devono rispettare i principi di aggiudicazione degli appalti di cui all’ articolo 18 della direttiva 2014/24, tra i quali figurano, in particolare, i principi di parità di trattamento, di trasparenza e di proporzionalità»; alla luce di tali principi, la Cgue ha proseguito affermando che «la normativa nazionale di cui al procedimento principale vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto che superi una percentuale fissa dell’appalto pubblico in parola, cosicché tale divieto si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori».

Di.Sa conclude che alla luce di quanto detto, i Giudici di prime cure hanno ritenuto, proprio in applicazione dei principi dettati dalla Cgue, che non possa più ritenersi applicabile a priori il limite del 30% al subappalto, ma che «debba comunque essere valutato in concreto se il ricorso al subappalto abbia effettivamente violato i principi di trasparenza, di concorrenza e di proporzionalità».

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