Recupero sottotetto e sopraelevazione: la sentenza sulle distanze tra le costruzioni. Quello del recupero dei sottotetti è uno dei temi in edilizia maggiormente trattato dalla giurisprudenza. Su questo tema, le due problematiche più comuni riguardano il cambio di destinazione d’uso e gli eventuali ampliamenti o sopraelevazioni.

Sopraelevazione e distanze tra le costruzioni: la sentenza del Consiglio di Stato

Quando si parla di sopraelevazioni, inevitabilmente si ricade nell’obbligo di rispetto delle distanze tra le costruzioni previsto dall’art. 9 del DM n. 1444/1968. Di questo si parla nella sentenza del Consiglio di Stato n.7029/2021 che ci consente di approfondire l’argomento.

Prima di entrare nel dettaglio della decisione dei giudici di secondo grado, è opportuno ricordare cosa prevede l’art. 9 (Limiti di distanza tra i fabbricati) del DM n. 1444/1968:

Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:

  • Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale;
  • Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti;
  • Zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all’altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12.

Le distanze minime tra fabbricati – tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) – debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di:

  • ml. 5,00 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7;
  • ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15;
  • ml. 10,000 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15.

Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all’altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all’altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.

Sopraelevazione e distanze tra le costruzioni: il caso oggetto della sentenza

A proporre ricorso è un Comune per la riforma di una sentenza del TAR che aveva da accolto il precedente ricorso chiedeva la declaratoria d’illegittimità del provvedimento con il quale il Comune, in replica all’istanza-diffida di esercizio dei poteri inibitori sulla ristrutturazione intrapresa dal controinteressato, non aveva adottato alcun provvedimento, sostanzialmente affermando la legittimità dell’intervento edilizio.

L’intervento incriminato è il recupero abitativo del sottotetto, realizzato con un volume in sopraelevazione a meno di 10 metri dalla parete finestrata dell’edificio di proprietà del ricorrente di primo grado.

Il TAR aveva dato ragione al ricorrente rilevando che gli obblighi di distanza previsti dall’art. 9 del DM n. 1444/1968 sono tassativi ed inderogabili, imponendo al proprietario dell’area confinante con il muro finestrato altrui di costruire il proprio edificio ad almeno dieci metri da quello, senza alcuna deroga, neppure per il caso in cui la nuova costruzione sia destinata ad essere mantenuta ad una quota inferiore a quella antistante.

Recupero sottotetto e sopraelevazione: occhio alle distanze

Secondo il Comune, però, il TAR avrebbe errato nel fare applicazione dell’art. 9 D.M. 1444/1968 in quanto non avrebbe tenuto conto della circostanza che, nonostante la sopraelevazione, l’edificio oggetto di intervento risultasse ad una quota inferiore a quella della veduta del vicino. Su questo punto, secondo il Comune ricorrente, il giudice di primo grado non avrebbe svolto alcuna istruttoria, violando il principio dispositivo che impone a chi agisce in giudizio di provare i fatti posti a fondamento della domanda.

Secondo l’appellante, il giudice di primo grado non si sarebbe pronunciato su una serie di argomentazioni prospettate, tese a sostenere:

  • che l’intervento in questione fosse modesto, dunque tale da non potersi considerare “costruzione”, che non si trattasse di vera e propria sopraelevazione ma di modesto sopralzo privo di portata lesiva;
  • che la ricorrente non avrebbe subito alcun vulnus tenuto conto che l’intervento aveva comportato anche la rimozione, con abbassamento di quota, della falda posta sul retro dell’edificio.

Tra le altre cose, il Comune contesta che l’allora vigente art. 18 della L.R. 16/2008 e l’art. 95 del PUC consentissero tali opere.

Recupero sottotetto e sopraelevazione: la conferma del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ha preliminarmente ricordato che oggetto del titolo edilizio in contestazione è un intervento che prevede il recupero abitativo del sottotetto, con realizzazione di un volume in sopraelevazione. Fatto non contestato.

Proprio per questo motivo, essendo il nuovo volume una “nuova costruzione”, è sempre necessario considerare nel computo il concetto delle distanze rispetto agli edifici contigui.

Viene ricordato anche un principio consolidato della giurisprudenza, per il quale la regola delle distanze legali tra costruzioni di cui all’art. 9 cit. è applicabile anche alle sopraelevazioni. La distanza minima di dieci metri fra pareti finestrate deve essere rispettata anche in caso di interventi di recupero dei sottotetti a fini abitativi.

Secondo i giudici di Palazzo Spada, non è pertinente la tesi difensiva del Comune appellante secondo cui la asserita modesta modifica di altezza non impatterebbe sulla veduta del vicino, mantenendosi la sopraelevazione ad una quota più bassa, atteso che ciò che rileva, alla stregua dell’art. 9 D.M. 1444/1968, non è la distanza della sopraelevazione dalla specifica veduta bensì la distanza della stessa dalla parete finestrata.

Né è necessario accertare, se l’edificio, come sopraelevato, raggiunga la quota della finestra del vicino, in quanto ciò che rileva è che, incontestata essendo la sopraelevazione, si è in presenza di una nuova costruzione, cui consegue l’effetto obbligatorio del rispetto delle distanze di dieci metri tra pareti finestrate e edifici antistanti.

In materia di distanze tra fabbricati, l’art. 9 D.M. n. 1444 del 1968, che prescrive una distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, è applicabile anche nel caso in cui una sola delle due pareti fronteggiantesi sia finestrata e indipendentemente dalla circostanza che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell’edificio preesistente, o che si trovi alla medesima altezza o ad altezza diversa rispetto all’altro.

La disposizione di cui all’art. 9, comma 1, n. 2, D.M. 2 aprile 1968 n. 1444, essendo tassativa ed inderogabile, impone al proprietario dell’area confinante col muro finestrato altrui di costruire il proprio edificio ad almeno dieci metri da quello, senza alcuna deroga, neppure per il caso in cui la nuova costruzione sia destinata ad essere mantenuta ad una quota inferiore a quella dalle finestre antistanti.

In conclusione il ricorso è stato respinto e la sentenza di primo grado confermata.

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